Ieri, online, ha tenuto banco una notizia apparentemente superficiale, ma dal mio punto di vista interessante per aspetti legati all’influencer marketing e alle dinamiche ad esso correlate: una tronista della trasmissione di Maria De Filippi uomini&donne (così sono soprannominate le ragazze che partecipano), al centro di uno scandalo, in poco più di un’ora si è vista diminuire a picco i propri follower su Instagram. Sotterrata da commenti e insulti ha poi deciso di sospendere il proprio profilo (riattivato in data odierna, da ieri con 1 milione di follower è passata a oggi con 125.000 follower -ndr-)
L’evoluzione consapevole dell’influencer marketing è il dislike o, in modo provocatorio ‘l’unfollower marketing’?
Non mi interessa la trasmissione di per sé e sinceramente fino a ieri non sapevo nemmeno dell’esistenza di questa ragazza. Quello che è però interessante dal punto di vista digitale e di social education è davvero il caso di studio che ne è derivato.
Dopo la messa in onda della trasmissione, in cui la redazione smascherava le bugie per mesi raccontate ai telespettatori, ma soprattutto ai follower (circa 1 milione su Instagram!) che si erano appassionati delle sue vicissitudini amorose, la reazione della Rete è stata unica nel suo genere: in poco più di un’ora da reginetta dell’influencer Marketing, Sara Affi si è ritrovata ad essere protagonista di un vero e proprio caso di dislike o ‘unfollower marketing’ con conseguenze disastrose sulla sua reputazione digitale.
Già, la tanto blasonata reputazione digitale, il personal branding di cui spesso ti parlo anche io, quello che fatichiamo a costruire giorno dopo giorno, quello che restituisce valore al nostro business, ma che (il caso di oggi lo conferma), se non è solidamente basato su un rapporto di trasparenza e fiducia diventa prima o poi un’arma a doppio taglio affilatissima e tagliente.
Il follow non è un numero, ma è sinonimo di fiducia da preservare, curare, gestire
I follower di Sara Affi, inviperiti e feriti dalla scoperta, hanno reagito con una consapevolezza digitale mai riscontrata prima: hanno cioè dato valore al loro ‘follow’ che, così come la fiducia, viene dato, ma in tempo zero dopo una grande delusione può essere tolto.
Il profilo è letteralmente crollato a picco fino a quando la stessa tronista ha deciso, dopo una stories di Instagram in cui chiedeva scusa (UNA STORIES?!), di sospenderlo.

Lo screenshot della stories di Sara Affi in cui chiede scusa
Interessante quindi questa reazione, non credi? Di fatto è come se avessero detto (a tutti): ‘guardate che noi vi seguiamo, ma sappiamo che voi lavorate, vivete e potete essere quelli che siete grazie a noi’.
Certo, purtroppo in tutto questo si sono verificati tantissimi attacchi personali attraverso commenti che ad alcuni hanno fatto urlare al caso di cyberbullismo. Personalmente posso dire che, pur non condividendo MAI l’uso di frasi violente o insulti (torniamo un attimo coi piedi a terra: non ha ucciso nessuno eh…), ecco direi che prendendo solo ciò che è accaduto ieri non parlerei proprio di cyberbullismo che invece tutt’altro (e spesso viene invocato anche a vanvera…).
L’influencer marketing e la responsabilità dei leader
Essere leader è una grande responsabilità e non una faccenda di like for like o di (passatemi il termine) ‘digital marchette’. Quando in questo post sull’importanza della percezione te ne parlavo, intendevo proprio questo.
Sia che tu abbia 1 milione di follower, o 100, quando decidi di usare i social devi consapevolmente renderti conto che stai instaurando un rapporto di fiducia diretto con le persone! Non puoi essere superficiale in questo: l’influencer serio questo lo sa!
Guardate ad esempio il livello di serietà di Clio Make up: nonostante le sponsorizzazioni e le collaborazioni, se un prodotto non è buono, lo dice e senza filtri. Questo è il vero significato di essere influenti e non il concetto distorto che alcuni pensano: ‘mi paghi per sponsorizzare il tuo evento/prodotto/servizio… ovvio che dirò che è fighissimo!’. Non sei un testimonial, se un influencer (che è diverso!). Ma dov’è la serietà? Questo è svendersi… Ed è proprio per questo motivo che, a cascata il terremoto mediatico ha subito coinvolto anche gli sponsor di Sara Affi.
‘Unfollower marketing’: quando la barca affonda… gli sponsor sono i primi a volersi salvare!
Come tutte le influencer, Sara Affi, aveva in atto collaborazioni con sponsor e brand importanti per il suo abbigliamento, per il make-up, per i capelli, per gli accessori… All’esplosione della bomba mediatica e sotterrati dai migliaia di commenti e messaggi, gli sponsor sono corsi ai ripari e si sono subito dissociati da questa collaborazione (qui sotto alcuni esempi dei tanti).

Il Post di Garnier in cui si dissocia da Sara Affi

Il post di Pavidas in cui si dissocia da Sara Affi
Non per ultima l’agenzia della ragazza che ha proprio dichiarato l’interruzione immediata del rapporto.

La comunicazione dell’agenzia Steve & More in cui comunicano l’interruzione della collaborazione
Perché quindi un brand oggi comunica anche attraverso un influencer?
Regola numero 1 dell’influencer marketing e delle attività di digital PR: perché riconosce in quella persona i propri valori e la trasforma nel proprio ambasciatore (da qui il termine di brand ambassador). Ovvio che queste collaborazioni sono business, sono pubblicità, sono i famosi contenuti che vengono (o dovrebbero…) essere segnalati con #ADV.
Comunicare in Rete non ti permette di essere falso e quando succede qualcosa come quella di ieri, così come i follower, anche gli sponsor reagiscono cercando di preservare il proprio valore.
E se fosse tutto finto? E se fosse tutto fatto per creare clamore?
Ecco… c’è anche chi ha tentato di insinuare questo. Ora, come sapete io non sono mai stata fan del ‘tutto purché se ne parli’, ma qui credo proprio siamo di fronte a un caso reale che se orchestrato a questi livelli non porterebbe proprio nulla in termini di reputazione né a lei né ai brand… Credo che ciò che è accaduto non sia stato progettato, ma non escludo che sarà usato in futuro in trasmissioni o riviste di gossip anche dagli stessi protagonisti… come dire… ormai cos’hanno da perdere?
E quindi?
Vedere una mobilitazione del genere per un tema che è comunque davvero superficiale lascia comunque pensare… se questa potenza venisse usata anche per cause di valore cosa succederebbe? Davvero il web potrebbe fare la rivoluzione!
…ma concentrandoci sul tema del post e concludendo, credo che la sintetica analisi sociologica di quanto successo può darci spunti davvero interessanti, perché qui non siamo davanti a un ‘classico’ epic fail, a un errore, a una scivolata, ma a quello che credo sia davvero il primo grande case study di dislike o ‘unfollower marketing’, una vera e propria presa di consapevolezza e (finalmente) un vero e proprio monito per tutti gli altri VIP (o pseudo-VIP) che hanno fatto dei loro profili e dello storytelling personale attraverso Instagram il proprio core business e che da oggi staranno ancor più attenti a non prendere per il naso nessuno: i valori non si svendono e nemmeno le persone… E tu, che ne pensi?
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