‘Io, dei social, non ci capisco niente…’ più o meno è questa la frase che spesso mi sento dire da tantissime persone che incontro.
Persone adulte, non ‘addette ai lavori’, ma professionisti e non che per piacere, hobby o perché alla ricerca di un lavoro o di collaborazioni cercano di comprendere e muoversi nell’ambiente dei social network in modo autonomo, ma che spesso si arrendono a resistenze o difficoltà (del tutto normali).
‘Io dei social non ci capisco niente: per questo non li apro nemmeno’
Il problema, non nasce da questa frase che, di per sé, è lecita se arriva magari dopo un piccolo corso di formazione, la ricerca di consapevolezza del mondo digitale che spesso negli adulti manca, ma quando questa è una presa di posizione a priori che diventa resistenza e limite. Rifiutare senza conoscere il mondo dei social network è un danno che fai a te stesso e ti spiego subito perché.
Se la premessa è che i social network sono un mondo che potenzia e amplifica la possibilità di relazioni (positive e negative, intendiamoci), decidere che vivere questo ambiente (che per essere abitato correttamente necessita di un minimo di conoscenza e di impegno) è troppo complicato o difficile può limitare le tue possibilità personali o professionali.
‘Io dei social non ci capisco niente: per questo non li apro nemmeno’ corrisponde a mettere consapevolmente un muro tra te e quello che non conosci e, si sa, che quello che non si conosce fa paura. Ed è proprio sul concetto di paura che, ultimamente, vedo oltretutto orientati tantissimi contenuti provenienti da altri media.
[Tweet “Rifiutare a priori il mondo dei social network è un danno che fai a te stesso: ecco perché”]‘Io dei social non ci capisco niente… e poi con quello che si sente dire: io non li apro nemmeno’: la paura di ciò che non si conosce
‘Con quello che si sente dire’ è una frase che racchiude in se un momento di svolta epocale che tutti stiamo vivendo/subendo: quando si parla di social network, social media, comunicazione web (soprattutto se questo avviene tramite altri media come la TV), sembra che se ne debba parlare in negativo.
Attento: non sto dicendo che il mondo dei social network siano una valle incantata, anzi! Il mio impegno quotidiano da anni è quello di trasferire concetti di cultura digitale e buona social education, ma è proprio qui che trovo la prima grande contraddizione. Fomentare solo la paura di un mondo sconosciuto, e portare le persone al conseguente rifiuto, non ne migliorerà gli equilibri, anzi.
Violenza verbale, pericoli, abusi, nascono spesso da incapacità relazionali, ma anche da ignoranza digitale (e per ignoranza intendo anche il non sapere come tutelare il proprio profilo con le regole basilari). Prima di parlare di cyber security, pericoli della rete, conseguenze psicologiche e di grandi temi (che sono certamente importanti, fondamentali e urgenti), io credo ci sia un grande lavoro che insieme tutti dobbiamo fare e che parte dalla radice, da una carenza che ancora non è colmata, parte da noi stessi (e per tutti intendo addetti del settore e non).
L’impegno a evitare grandi pericoli e conseguenze, nasce dal nostro modo quotidiano di abitare questi ambienti, dal cercare di metterci il naso, comprendere, capire, apprendere quali siano le dinamiche relazionali e come usarle al meglio, come tutelarsi e solo dopo permettersi di rifiutare i social network (cosa che è assolutamente lecita perché non sono un obbligo, ma ripeto, una possibilità).
Solo allora, io credo, il rifiuto consapevole sarà una bella vittoria per tutti. Un ambiente per favorire la buona convivenza necessita di regole (che esistono), ma le stesse devono essere applicate prima di tutto da chi lo abita.
Il primo passo di questa nuova consapevolezza parte proprio da qui: da una social education che prima di essere regolamentata da terzi o da una piattaforma è personale perché se la norma è un diritto, la buona social-educazione è, a mio avviso, un dovere.
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