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‘Ciao scusa, perchè siamo diventati amici su Facebook?’ 

Inizia così la breve conversazione via chat che venerdì ho avuto con un mio ormai ex collegamento. Una domanda a dir poco strana che non mi era mai successo di ricevere, che ha sviluppato una breve conversazione e grazie alla quale oggi mi fermo a riflettere.

Andiamo per gradi: come siamo diventati amici su Facebook io e l’utente X, detto Mario?

Mario è amministratore di un gruppo al quale ho chiesto recentemente di essere aggiunta.
Mario poco dopo mi chiede l’amicizia su Facebook.
Sai quanto per me l’argomento selezione dei contatti su Facebook è un vero cavallo di battaglia, ma devo dire che l’essere amministratore di una community nella quale poter discutere di argomenti che mi interessano personalmente mi è sembrata una buona leva e ho accettato.

Facebook netiquette, questa sconosciuta

Che Mario fosse abbastanza estraneo alla Facebook netiquette l’ho percepito quando dopo due giorni dalla nostra connection mi ha inviato, sempre via chat, un link in cui segnalava (senza specificare perchè) un suo post su Facebook. Non è il primo che lo fa, intendiamoci, ma credo che in certi casi sia inutile polemizzare: la mia reazione in questi casi è di ‘allerta’. Mi spiego meglio. Se mi segnali un link è perché vuoi la mia attenzione, giusto? Se non mi specifichi il perchè posso ritenermi libera di scegliere di guardare, commentare o agire come credo: sui social siamo liberi, giusto? Se l’utente procede con l’invasione di link in chat personale glielo faccio notare e vedo di approfondire la cosa, in altri casi valuto se e come procedere. Tutto sempre e comunque per gradi e in estrema serenità. In tutto questo sottolineo che, in questi giorni, Mario non ha MAI commentato o interagito con un mio post.

Mario, idee chiare… ma anche no (anatomia di una conversazione anti-social)

…ma torniamo, appunto, a Mario e alla sua domanda di venerdì così strana, stridente, anti-comunicativa e retorica…
‘Perchè siamo amici su Facebook?’.
Ho percepito che c’era dell’altro e per farmelo raccontare ho semplicemente risposto con alcuni punti di domanda come per chiedere spiegazioni. Ecco com’è poi andata:

Case history Community

  1. Dritto al punto, ma dosiamo l’aggressività
    Ammetto che l’approccio iniziale non mi è dispiaciuto, chiedere un chiarimento o approfondire un contatto non è una pratica da tralasciare, anzi da favorire: troppo spesso si accettano collegamenti e link senza motivo (e se ti lamenti di quello che leggi sui social è perchè non stai seguendo quello che ti interessa!). Peccato che ai miei punti di domanda, Mario risponde subito con una frase secca, in cui mi da del lei, con un tone of voice aggressivo, che quindi allontana e non viene percepita come voglia di approfondire, anzi sembra proprio un’accusa (quel ‘…e allora?’ finale è la ciliegina sulla torta).
  2. Perchè pretendi senza dare?
    Mario dichiara apertamente che nemmeno lui interagisce con me, il che significa che per lui ciò che scrivo non è interessante. Alla sua affermazione avrei potuto rispondere in X modi o ridare quello che concretamente poteva essere ‘pan per focaccia’ rispondendo con un semplice ‘è da una settimana che siamo in contatto!’ o con un bel #ciaone, ma ho preferito esprimere quello che penso e credo: il contatto sui social è un’opportunità di scambio, ma non un obbligo. Così come la vita reale tu non interagisci ogni santo giorno con ogni singola persona che hai incrociato nella tua vita, nemmeno coi tuoi amici! Com’è possibile pretendere che una persona lo faccia con te? Perchè lo dovrebbe fare in modo così forzato se, oltretutto, tu stesso dichiari di non farlo con me? …misteri!
  3. L’affermazione della propria importanza
    Mario continua la sua crociata: lui non è un numero… non vuole avere amici-numero!. Una vera crociata, ma è assolutamente lecita, intendiamoci. Bene Mario, è una scelta, ma sappi che non funziona sempre così. Per il motivo che ho appena scritto nel punto 2 e per quello che si chiama Facebook news feed, per il fatto che è matematicamente impossibile leggere e seguire ogni singolo post di Xmila persone che sono connesse con te e pretendere l’attenzione di ognuna di loro è quantomeno impossibile. Funzionasse così Facebook significherebbe che ogni contatto è un’interazione assicurata: mamma che sogno! …e chi pagherebbe più per Facebook ADS? Aggiungo infine che nel web l’affermazione della propria identità digitale passa attraverso dinamiche di coinvolgimento, di personal branding, di condivisione…
  4. ‘Scusi se ne vuole andare’ suona come ‘ti levi di torno’?
    A quel punto ho tolto Mario dai miei contatti su Facebook, senza polemiche, senza discussioni. Per me era chiaro fosse stato un contatto che definirei ‘fake’.
    Evidentemente non gli è bastato perché voleva assicurarsi di avermi proprio levato di mezzo. ‘Se cortesemente vuole uscire dalla cerchia dei miei amici’ suona proprio come ‘ti levi dalle palle’?. Peccato che lo avevo già fatto io, peccato  che non chiedi a una persona di togliersi dalla cerchia della tue  amicizie, ma sei tu che decidi di non volerla più. Peccato che questa richiesta dimostra non solo scarsa sensibilità o empatia, ma anche un’insufficiente conoscenza del mezzo che hai tra le mani.

Grazie Mario (lo dico davvero) perchè c’è sempre da imparare

Chiudo ringraziando comunque Mario perché ogni esperienza insegna, soprattutto se sono come questa.

Cosa mi ha insegnato questa piccola storia?

  1. Che non si finisce mai di selezionare e costruire il proprio networking.
  2. Che lavorare sui social network significa avere a che fare con le persone nel bene e nel male (e soprattutto con la loro originalità).
  3. Che la connessione è un’opportunità e non un obbligo e proprio per questo bisogna portare rispetto e non pretendere: la dittatura non va a nozze con la comunicazione libera e la democratizzazione dei social.
  4. Che Mario evidentemente adora avere un rapporto diretto e quotidiano con i propri contatti: lecito, intendiamoci, ma è evidente che anche lui debba fare selezione e soprattutto comprendere alcune dinamiche di social communication per evitare che la prossima volta si possano scatenare inutili polemiche.
  5. Che il lavoro del community manager è veramente uno tra i lavori più difficili, tanto, tantissimo RESPECT per coloro che conosco e che fanno questa professione: chapeau!
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